“Siamo molto lieti di salutarvi oggi a Mosca. Il vostro paese di nuovo vive un periodo preoccupante. Non c’è dubbio che gli odierni eventi tragici in Etiopia non sono casuali, è soltanto un anello in una lunga catena delle tribolazioni provocate dalle forze esterne. Attualmente, l’Etiopia e quasi tutta l’Africa cristiana subsahariana si trovano sotto una seria minaccia. Allo stesso tempo, una pressione fortissima si fa sullo Stato russo e sulla Chiesa ortodossa russa. Cercano di causare i più danni possibili ai nostri popoli, e noi siamo chiamati più che mai prima a resistere a queste sfide insieme”, ha detto, fra l’altro, il metropolita Leonid. Nella sua risposta, l’arcivescovo Abuna Filippos, a nome del Patriarca Abuna Mattia ha ringraziato per le attività che la Chiesa ortodossa russa intraprende per aiutare i cristiani etiopi, nonché per le lettere di sostegno della Chiesa etiope, inviate in questi giorni da Sua Santità il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus’ e dal Presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca, il metropolita Antonij di Volokolamsk. “Oggi stiamo attraversando un periodo molto difficile, forze terribili si sono schierate su di noi. Ma il nostro popolo ha sentito il sostegno fraterno della grande Russia ortodossa in tutte le epoche. E ora rendiamo grazie a Dio perché ci dà la possibilità in questi tempi, furiosi come le onde, di continuare a condividere la gioia di comunicazione e a lavorare insieme per la gloria di Dio”, ha detto l’arcivescovo Filippos. Durante il soggiorno della delegazione della Chiesa etiope a Mosca, fino al 16 febbraio, sono programmati gli incontri con Sua Santità il Patriarca Kirill di Mosca e di tutta la Rus’, le visite alle istituzioni sinodali, alle scuole teologiche della Chiesa ortodossa russa, alle chiese e ai monasteri di Mosca e della regione di Mosca. La Chiesa etiope fa parte delle Chiese orientali antiche e non è solo la più grande Chiesa della tradizione pre-calcedonese, ma anche una delle più numerose comunità cristiane del mondo: il numero dei suoi credenti supera 60 milioni.

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Grazie all’editto di Milano i cristiani si trovarono dinanzi alla necessità di pensare non soltanto alla propria salvezza e al bene della propria piccola comunità. La nuova posizione nella società li costrinse a riflettere sulla qualità di questa società, sul proprio ruolo in essa, il ruolo di cittadini attivi, uomini che pregano per la patria, persone di buona volontà. Nelle nuove condizioni i cristiani – vescovi, teologi, monaci e la moltitudine dei laici – non si smarrirono. Nell’impero cominciò una fioritura impetuosa della cultura e del pensiero cristiani, sorse la storiosofia cristiana, si plasmò un nuovo rapporto della Chiesa verso il mondo circostante. L’epoca a cui pose inizio la pubblicazione dell’editto entrò nella storia come il secolo d’oro del cristianesimo, mentre per l’impero quest’epoca divenne un tempo di cambiamento dei paradigmi ideali. La teologia della Chiesa si pose alla base di una nuova comprensione della responsabilità personale, sociale e statale, influì sul rinnovamento di tutte le istituzioni della società, diede un nuovo fondamento valoriale ai rapporti familiari, all’atteggiamento verso la donna, comportò la progressiva eliminazione nell’impero dell’istituto della schiavitù. Il nuovo impero unì in sé la cultura romana dei rapporti giuridici, l’arte greca del fine pensiero e la devozione di Gerusalemme. E il cristianesimo divenne in esso la nuova religione, il fondamento di una nuova concezione del mondo, capace di unire tutta la molteplicità di razze e popoli dell’impero. La Chiesa sfruttò appieno l’occasione storica che aveva ricevuto. Il documento di Milano ricevette giustamente dalla scienza [storica] il nome di «editto di tolleranza». Il tal senso l’editto di Milano è supportato dallo stesso spirito del decreto che lo aveva preceduto, quello dell’imperatore Galerio del 311. Il decreto precedente permetteva il servizio liturgico cristiano, «se esso non turba[va] l’ordine sociale», ma alla condizione che i cristiani pregassero per l’imperatore e lo Stato romano, promettendo a quest’ultimo «l’aiuto supplementare» del loro Dio, il Quale, si intende, doveva proteggere Roma assieme alle altre divinità tradizionali .

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La grande e salvifica forza di amore guarisce l’indifferenza e la cattiveria, medica l’odio e le offese. Ammorbidisce i temperamenti feroci e corregge molte distorsioni dei rapporti sociali! Se ci comportiamo in questo modo, veramente eseguiamo la nostra vocazione altissima di essere cristiani, poiché con questa “effusione di amore”, secondo Sant’Isacco di Ninive, “diventiamo simili a Dio” (Sermoni ascetici, 48). Il mistero dell’Incarnazione è il mistero della presenza reale di Dio nel mondo. San Giovanni apostolo ed evangelista, prevedendo la vita del secolo che verrà, testimonia la permanenza completa del Signore con gli uomini: “Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il Dio-con-loro” (Ap 21, 3). Eppure, questo ineffabile mistero della presenza divina comincia a realizzarsi già adesso, sulla terra, poiché con il Natale del Salvatore “il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino” (Mc 1, 15). Noi entriamo in questa realtà in modo visibile, formando una e santa Chiesa di Cristo, tramite la quale noi tutti, miei cari, siamo messaggeri e rappresentanti di questo supremo Regno di amore. Questa mirabile e profonda esperienza del “Dio con noi” forma l’essenza della vita mistagogica e arcana della Chiesa. Ricordiamoci questo: se l’Onnipotente - l " Alfa e l " Omega, il Primo e l " Ultimo, il principio e la fine – ha abbracciato la storia umana e ha promesso di essere con noi “tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 20), allora non dobbiamo temere le circostanze preoccupanti dei nostri tempi. Rispondendo al grande amore del Salvatore, impariamo ad abbandonarci al Signore e a sperare nella sua buona Provvidenza affinché possiamo, fino alla seconda venuta di Cristo in gloria, testimoniare con coraggio e gioia alle “nazioni lontane” (Is 8, 9) che “Dio è con noi!” PATRIARCA DI MOSCA E DI TUTTA LA RUS’ Natale di Cristo 2023 / 2024 Mosca In altre lingue: Stampa la pubblicazione Condividere: Page is available in the following languages Commenti

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Accettare Il sito utilizza i cookie per aiutarvi a visualizzare le informazioni più aggiornate. Continuando ad utilizzare il sito, l " utente acconsente all " uso dei metadati e dei cookie. Gestione dei cookie La teologia della libertà. Il cristianesimo e il potere temporale dall’editto di Milano ai giorni nostri Lectio Magistralis del metropolita Hilarion di Volokolamsk, Presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, in occasione dell " apertura dell " anno accademico presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale 17 ottobre 2014. Eminenza Reverendissima Gran Cancelliere, Eccellenze, chiarissimi professori, docenti e discenti di codesta Pontificia Facoltà Teologica, è per me un grande onore tenere questa lezione all " inizio del vostro anno accademico. Prima di tutto vorrei augurare a tutti voi successo nel nuovo anno accademico, come pure augurare pace e prosperità al popolo italiano. Nel mio intervento vorrei riferirmi ad eventi del lontano passato, ma anche ad avvenimenti del tutto recenti. Il discorso tratterà dell’epoca dell’editto di Milano e di fatti che ricordano quest’epoca, ma che avvengono nel nostro tempo, sotto i nostri occhi. Lo scorso anno, è stato solennemente celebrato in tutto il mondo cristiano il millesettecentesimo anniversario della promulgazione dell’editto firmato a Milano nel 313 dagli imperatori della parte occidentale e orientale dell’impero romano, Costantino e Licinio. L’editto di Milano è, in sostanza, il primo documento statale ufficiale dell’impero romano grazie a cui la «Chiesa cattolica» riceve non soltanto il diritto di esistere, ma anche il riconoscimento da parte dello Stato e della società. Se fino ad allora i cristiani erano perseguitati e sterminati, se essi potevano esistere soltanto nelle catacombe e nella più profonda clandestinità, grazie all’editto di Milano per la prima volta i cristiani, al pari dei pagani, ricevettero il diritto di professare e predicare apertamente la propria fede, di costruire chiese, di aprire scuole e monasteri. Una grande conquista dell’epoca costantiniana fu il riconoscimento della Chiesa in qualità di partecipante a pieno titolo ai processi sociali, riconoscimento che le consentì non soltanto di organizzare liberamente la propria vita interna, ma anche di esercitare un’influenza sostanziale sulla vita dello Stato e della società.

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Con i Primati hanno concelebrato anche: il protopresbitero Vladimir Divakov, segretario del Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ per la città di Mosca; l’arciprete della Cattedrale di Cristo Salvatore Mikhail Ryazantsev; il segretario personale del Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ l’archimandrita Aleksij (Turikov); l " arciprete segretario del patriarca serbo Giorgio Stoislavlevic; il rappresentante della Chiesa ortodossa delle Terre ceche e della Slovacchia presso il Trono patriarcale di Mosca, l " archimandrita Seraphim (Shemyatovskij); il fratello del vescovo Antonio e chierico della diocesi di Šabac della Chiesa ortodossa serba, l " arciprete Milan Pantelic; il rappresentante della Chiesa ortodossa in America a Mosca, l " arciprete Daniil Andrejuk; il consigliere del Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ l’arciprete Nikolaj Balashov; il chierico del metochion della Chiesa ortodossa serba a Mosca, la Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo alla Porta Yauza l " archimandrita Alexandr (Kotov); il vicepresidente del DECR, l " arciprete Nikolaj Lischenyuk; il vicepresidente del DECR e rettore della Chiesa della Resurrezione a Danilovskaja Sloboda, l " arciprete Igor Yakimchuk; sacerdoti e diaconi della delegazione della Chiesa ortodossa serba e clero della città di Mosca. Alla funzione erano presenti: il presidente del comitato per la proprietà e la proprietà terriera della Duma di Stato dell " Assemblea federale della Duma di Stato S. A. Gavrilov; l " ambasciatore serbo in Russia Momcilo Babic; il ministro serbo per il lavoro e la previdenza sociale Nikola Selakovic; il presidente del Partito popolare serbo Nenad Popovic; e il presidente della Fondazione internazionale per l " unità spirituale dei popoli ortodossi, professore V. A. Alexejev. Durante la funzione hanno pregato i parenti e gli amici del defunto vescovo, tra cui sua madre, sua sorella e sua nipote arrivate dalla Serbia. Gli inni della Divina Liturgia sono stati cantati dal Coro Patriarcale della Cattedrale di Cristo Salvatore sotto la direzione di I. B. Tolkachev. Il rito si svolgeva sia in slavo ecclesiastico che in serbo.

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Il futuro patriarca Kirill ha descritto il ministero del suo predecessore sul trono patriarcale così: “Sua Santità ha ricevuto una Chiesa indebolita da decenni di persecuzioni e oppressione ... Ma allo stesso tempo il nostro paese è passato attraverso un periodo di enormi sfide storiche, e la debole Chiesa russa ha dovuto affrontare queste sfide, non perdere il suo popolo, aiutarlo a preservare la fede. E oggi Sua Santità, stando davanti a Dio, può dire che ci ha lasciato una Chiesa completamente diversa. Non è più una Chiesa debole e inferma... perché la Chiesa è unita al suo popolo, perché  lo spirituale è germogliato attraverso il materiale, perché milioni di persone hanno capito che senza Dio e senza la Sua giustizia non può esistere la giustizia umana. Sua Santità ha capito che la Chiesa ortodossa russa è l " unica che conserva le tradizioni, la memoria e i valori della Santa Rus’ ”. Il 9 dicembre, il metropolita Kirill insieme al collegio episcopale della Chiesa russa, ha celebrato la Divina Liturgia presso la Cattedrale di Cristo Salvatore. Al termine della Liturgia si è svolto il servizio funebre per il Patriarca Alessio II, presieduto dal patriarca Bartolomeo di Costantinopoli. Erano presenti al servizio funebre i Primati della Chiesa georgiana, rumena, greca, albanese, delle terre Ceche e Slovacchia e rappresentanti di tutte le Chiese ortodosse, l’episcopato della Chiesa ortodossa russa, numerosi ospiti d " onore, tra cui il Presidente della Russia D.A. Medvedev e il Premier della Federazione Russa V.V. Putin, Presidenti di Bielorussia, Moldova, Armenia, capi di missioni diplomatiche di decine di Stati. Durante il servizio funebre, parlando del suo predecessore, il metropolita Kirill ha prestato particolare attenzione all " unità dei popoli ortodossi, guidati dalla Chiesa russa. L " elezione del 16 ° Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ si è svolta in un clima di apertura senza precedenti. Durante tutto il periodo tra la morte del Patriarca Alessio II e l " elezione del metropolita Kirill al trono patriarcale c " è stata una vivace discussione sui candidati nei media. Il Concilio dei vescovi e il Concilio locale della Chiesa russa hanno mostrato che il metropolita Kirill era l " unico vescovo in grado di radunare la maggioranza assoluta dell " episcopato, del clero, dei monaci e laici della Chiesa ortodossa russa. Dopo il servizio di ringraziamento, il Metropolitan Kirill in risposta a salutarlo come il neoeletto Patriarca disse:

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Oltre alle differenze propriamente teologiche, vi sono anche i cosiddetti " fattori non teologici di divisione " . Si tratta, sia della memoria storica delle controversie e dei conflitti del passato, che di una grande quantità di pregiudizi reciproci che anche, purtroppo, di alcuni problemi che sono insorti nel periodo moderno della storia. Nonostante tutto ciò, ortodossi e cattolici possono già lavorare insieme su molte questioni. Tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana esiste già una comprensione comune delle questioni di etica sociale ed economica, di morale tradizionale e di vari altri problemi della società di oggi. Le nostre posizioni sulla famiglia, la maternità, la crisi demografica, sulle questioni di bioetica, sul problema dell’eutanasia e molte altre questioni sostanzialmente coincidono. Questo accordo di base rende possibile per le nostre Chiese di portare già ora la nostra comune testimonianza a Cristo di fronte al mondo laico. Abbiamo un " esperienza molto positiva di organizzazione comune di eventi ortodosso-cattolici, sia nel settore della tutela dei valori morali, che in quello della cooperazione culturale. Oggi c " è un reale interesse da entrambe le parti per uno sviluppo fecondo del dialogo bilaterale tra la Chiesa ortodossa russa e la Chiesa cattolica romana. Quanto a un eventuale incontro dei Primati delle nostre Chiese, esso è del tutto possibile, ma deve essere preparato con cura. Noi non escludevamo che tale incontro si potesse realizzare sotto il Papa Benedetto XVI, ma non abbiamo avuto tempo per prepararlo. Non vedo perché ora non potrebbe essere organizzato sotto Papa Francesco. Già lo scorso autunno, mi sembrava che entrambe le parti fissero pronte a cominciare il lavoro preparatorio. Ma gli eventi in Ucraina ci hanno rigettato molto indietro, prima di tutto, a causa delle azioni dei greco-cattolici, che sono visti dalla Chiesa cattolica romana come un " ponte " tra Oriente e Occidente, e che noi invece vediamo come un grave ostacolo al dialogo tra ortodossia e cattolicesimo.

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Secondo gli esiti degli accordi di Milano, gli imperatori Costantino e Licinio affermano qualcosa di completamente nuovo, inaudito per i loro contemporanei. Essi dichiarano pubblicamente: «Dunque, lasciandoci guidare da sana e retta riflessione, proclamiamo la nostra seguente decisione: a nessuno è negato di scegliere liberamente e di conservare la fede cristiana e a ciascuno è data la libertà di convertirsi alla fede che, secondo lui, gli è congeniale, affinché la Divinità ci elargisca in tutte le occasioni il pronto aiuto e ogni bene… D’ora innanzi chiunque scelga liberamente e semplicemente la fede cristiana, può conservarla senza ostacolo di alcun genere… Ai cristiani è data una libertà assoluta… anche agli altri è data la libertà di professare la propria fede come desiderino, il che anche corrisponde al nostro tempo di pace: possa ciascuno liberamente, secondo il proprio desiderio, scegliere la propria fede» . È importante notare che questo documento concedeva la libertà al cristianesimo non a discapito di altre religioni dell’impero romano; i seguaci dei diversi culti pagani mantenevano come in precedenza i propri diritti e la propria libertà. Tuttavia nell’editto di Milano, in sostanza, si riconosceva il fatto che la Chiesa non fosse una qualche setta marginale, disgregatrice dei tradizionali fondamenti sociali. Al contrario, gli autori del documento erano convinti che i cristiani fossero capaci di dirigere la benevolenza di Dio verso tutto il popolo. Il beneficio e l’utilità dei cristiani per la società: ecco su che cosa si fondava il nuovo editto, esprimendo la speranza che la «Divinità» elargisse alle autorità e al popolo dell’impero «il pronto aiuto e ogni bene in tutte le occasioni». Queste righe non soltanto equiparavano le libertà e i diritti dei cristiani a quelli dei pagani, ma aprivano davanti a essi la possibilità di imporsi all’attenzione come una forza nuova, capace di influire positivamente sulla società, colmare di senso divino la sua esistenza.

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Nessuna di queste evidenti differenze è menzionata nella dichiarazione di Ravenna, che è stata adottata nel 2007 senza il consenso e in assenza della delegazione della Chiesa ortodossa russa. Il documento ha ignorato le critiche espresse dai rappresentanti del Patriarcato di Mosca nel dialogo durante il processo di elaborazione. Dopo Ravenna, la Commissione mista per il dialogo cattolico-ortodosso ha continuato a esplorare il tema del primato e della sinodalità nelle riunioni plenarie, a Vienna nel 2010 e ad Amman nel 2014, così come in diverse riunioni dei comitati di coordinamento e redazione tra il 2008 e il 2013. Dopo aver lavorato sulla questione per sette anni, la Commissione non è ancora stata in grado di produrre alcun documento che soddisfi tutti i membri. La Commissione ha cercato di affrontare la questione del primato da entrambe le prospettive, storica e teologica. In particolare, si è cercato di porre la questione del primato nel contesto della teologia trinitaria. Si è sostenuto che la Santissima Trinità è immagine sia del primato che della conciliarità, poiché in essa vi è la monarchia di Dio Padre, ma anche la comunione delle tre Persone divine: Padre, Figlio e Spirito Santo. Alcuni teologi sono arrivati al punto di insistere sul fatto che c " è una “gerarchia” tra le tre Persone, trovando in ciò sostegno in alcuni passi di San Basilio Magno che parla di una taxis (ordine) nella Trinità. Si è sostenuto che questo ordinamento, o gerarchia, dovrebbe riflettersi nella struttura amministrativa della Chiesa ai tre livelli: locale, regionale e universale. Per quanto riguarda il livello locale, è stato fatto un riferimento a sant " Ignazio di Antiochia, che apparentemente conferma queste idee. Si tratta del famoso passo: “Come Gesù Cristo segue il Padre, seguite tutti il vescovo e i presbiteri come gli apostoli; venerate i diaconi come la legge di Qui il vescovo diocesano è confrontato con Dio Padre, ed i fedeli sono chiamati a essere obbedienti a lui nello stesso modo in cui Gesù è stato obbediente al Padre. L " argomento di S. Ignazio, tuttavia, chiaramente non apparteneva al campo della speculazione teologica, né Ignazio intendeva proiettare il modello trinitario sul livello locale dell " amministrazione della Chiesa (non si fa qui menzione dello Spirito Santo). Piuttosto egli qui si interessa della questione dell’ordine ecclesiastico, e insiste sulla centralità del vescovo nella chiesa locale.

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Molti cristiani di quel tempo ricordavano ancora come i persecutori avessero estromesso la Chiesa dallo spazio sociale, l’avessero relegata ad un ghetto. Molti erano confessori della fede e i loro destini erano stati rovinati dalla violenza e dalle angherie subite. Gli appelli degli apologeti del II-III secolo agli uomini di Stato dell’impero romano, eloquenti, ma al tempo stesso colmi di dolore, restavano, per molti cristiani dell’inizio del IV secolo, la verità della loro vita personale. Ci accostiamo alla percezione del mondo dei cristiani dell’epoca delle persecuzioni leggendo, ad esempio, l’Apologia di Tertulliano. Egli esclama: «Noi esistiamo da ieri e abbiamo riempito tutti i vostri luoghi: città, isole, fortezze, municipi, assemblee, gli stessi eserciti, tribunali, decurie, il palazzo, il senato e il foro. Vi abbiamo lasciato soltanto i vostri templi. Di quale guerra aperta saremmo capaci, a quale guerra saremmo pronti, anche se abbiamo meno forze, noi – che tanto volentieri acconsentiamo che ci uccidano –, se non ci fosse imposto dalla nostra dottrina di essere uccisi piuttosto che di uccidere gli altri? Potremmo batterci contro di voi anche senza armi, e senza rivolta, andandocene, scontenti di voi. Poiché se noi, raccogliendo tale enorme numero di persone, ce ne andassimo da voi, ritirandoci in qualche remoto angolo della terra, allora, naturalmente, la perdita di così tanti cittadini, chiunque essi siano, non soltanto costituirebbe una vergogna per il vostro dominio, ma sarebbe anche una punizione» . Ai cristiani dell’epoca delle persecuzioni occorreva dimostrare alle autorità dell’impero la propria lealtà e la propria idoneità alla partecipazione a pieno titolo alla vita della società civile. Ma le autorità restavano sorde a queste dimostrazioni. E improvvisamente, quella stessa generazione di cristiani perseguitati e angariati diviene testimone del riconoscimento della Chiesa come parte integrante della società. In più, nel giro di alcuni anni dopo la pubblicazione dell’editto di Milano, il cristianesimo si sarebbe trasformato in una forza spirituale che in molte cose avrebbe determinato il corso della storia successiva dell’impero e di tutto il mondo.

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