Accettare Il sito utilizza i cookie per aiutarvi a visualizzare le informazioni più aggiornate. Continuando ad utilizzare il sito, l " utente acconsente all " uso dei metadati e dei cookie. Gestione dei cookie Sua Santità il Patriarca Kirill incontra il Primate della Chiesa ortodossa serba Servizio di comunicazione del DECR, 15.03.2024. Il 15 marzo 2024 si è svolto presso la Residenza Patriarcale e Sinodale del Monastero di San Daniele di Mosca l " incontro tra Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’ Kirill e Sua Santità il Patriarca di Serbia Porfirije. Sua Santità il Patriarca di Serbia Porfirije era arrivato a Mosca per partecipare ai funerali e alla sepoltura del rappresentante del Patriarca di Serbia presso il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’, il rettore della Chiesa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo alle Porte di Yauza , che funge da chiesa di rappresentanza (metochion) della Chiesa ortodossa serba a Mosca, il vescovo di Moravica Antonij. Il vescovo Antonij si è riposato nel Signore l " 11 marzo 2024. A nome della Chiesa ortodossa russa erano presenti all " incontro il metropolita di Volokolamsk Antonij, Presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne, e l " arciprete Nikolaj Balashov, consigliere del patriarca di Mosca e di tutta la Rus’. La Chiesa ortodossa serba era rappresentata anche dal vescovo di Baka Irinej. Prima dell " inizio dell " incontro i primati hanno visitato la chiesa domestica della residenza patriarcale. Sua Santità il Patriarca di Mosca e di tutta la Rus’, nel salutare il capo della Chiesa ortodossa serba e nel porgere i suoi più sinceri auguri, ha sottolineato che in passato i rappresentanti delle due Chiese hanno mantenuto fermamente una posizione comune: " Nelle persone dei rappresentanti della Chiesa serba abbiamo sempre avuto i fratelli più affidabili. E se per la grazia di Dio abbiamo ottenuto qualche successo, ciò è avvenuto sempre con la partecipazione dei nostri fratelli della Chiesa di Serbia. Per questo ricordiamo sempre con ringraziamento la nostra reciproca collaborazione.”

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  In totale, durante la pandemia, sono morti più di 100 sacerdoti, tra cui alcuni vescovi, senza esagerare, autorevolissimi, che in tempi diversi erano legati al campo delle relazioni ecclesiastiche esterne. Tra loro ci sono l " esarca patriarcale emerito di tutta la Bielorussia, il metropolita Filaret, il metropolita di Kazan e Tatarstan Feofan, il metropolita Iov (Tyvoniuk), eparca emerito di Cheljabinsk e Zlatoust.   Si è già detto di alcune opportunità missionarie che ci sono state date durante la pandemia. È significativo che questa dura prova abbia inoltre reso possibile un " espansione significativa dell " attività caritativa della Chiesa. Sua Eccellenza il vescovo Panteleimon ne parlerà in dettaglio nella sua relazione, mentre io vorrei soffermarmi su un episodio di particolare significato, che può essere definito come continuazione del lavoro che abbiamo svolto insieme nei cinque anni, passati dall " incontro dell " Avana. Stiamo parlando dell’invio di aiuti umanitari alla regione Puglia da parte della Chiesa ortodossa russa, il che ha avuto luogo la primavera scorsa. In condizioni di grave carenza di dispositivi di protezione individuale e attrezzature mediche durante la prima ondata della pandemia, il presidente della regione si è rivolto a Sua Santità il Patriarca Kirill con una richiesta di assistenza " in nome di San Nicola " . Tale assistenza è stata fornita grazie al supporto di alcuni benefattori, tramite gli sforzi dei quali ad aprile a Bari è stato consegnato un carico umanitario di 8 tonnellate di materiale medico. Questo esempio di cooperazione anche nelle condizioni più difficili di chiusura delle frontiere e di imposizione di restrizioni ai viaggi ci permette di apprezzare ancora una volta la natura profetica delle parole del Papa e del Patriarca, che cinque anni fa hanno sottolineato che “le comunità cristiane portano avanti un’importante attività caritativa e sociale, fornendo un’assistenza diversificata ai bisognosi. Ortodossi e cattolici spesso lavorano fianco a fianco” (Dichiarazione comune, paragrafo 14).

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Ma tutto iniziò dal fatto che, alla metà degli anni Ottanta, al centro del dibattito pubblico in Urss si levò in maniera acuta la questione della libertà di coscienza. In tale dibattito la Chiesa aveva giocato un ruolo attivo. Di nuovo, come sedici secoli fa, con il fatto stesso della propria esistenza, nonostante la realtà circostante, la Chiesa mise a nudo la crisi della libertà e, insieme a ciò, mise a nudo la fragilità interiore dell’ordine di cose precedente. In un sistema di valori che si stava sfaldando non si trovava più una giuntura politica, né economica, né di senso, capace di unire il popolo. Alcuni eventi della storia della Chiesa non possono essere spiegati altrimenti che come miracolo di Dio. Tale miracolo fu l’epoca che seguì all’editto di Milano del 313. Un miracolo non minore avvenne nel nostro paese alla fine degli anni Ottanta. Potevano persone che soltanto pochi anni prima per la loro fede rischiavano il benessere, e in alcuni casi anche la vita, interpretare la libertà che inaspettatamente gli pioveva addosso in maniera diversa che come un miracolo e un dono di Dio? Potevano aspettarsi che l’ideologia irreligiosa sarebbe crollata e che al suo posto sarebbe venuta un’altra concezione del mondo, in cui la Buona novella della Chiesa sarebbe stata nuovamente considerata come uno dei fondamenti della società e il pegno del suo successo nel futuro? Gli innumerevoli fedeli, che si erano riuniti nelle solennità del luglio 1988 avrebbero potuto ripetere le parole un tempo pronunciate da Eusebio di Cesarea in occasione delle generali solennità ecclesiastiche che celebravano la nuova epoca: «È scomparsa ogni paura in cui ci tenevano i nostri oppressori. Adesso sono sorti giorni lieti e solenni di feste affollate: tutto si è riempito di luce» . In entrambi i casi proprio il dono della libertà religiosa anticipò quello delle altre libertà civili, stimate ai giorni nostri come una delle principali conquiste della società democratica. E ciò non è casuale, perché il concetto di libertà riceve un contenuto particolare proprio nel sistema di valori cristiano. Noi, cristiani, siamo convinti che il dono della vita sia un dono di Dio e che la stessa vita umana non sia sottomessa a niente, fuorché al Creatore del genere umano. Questa convinzione rende i cristiani liberi dal peso di qualunque forza politica e di qualunque ideologia. Essa li rende capaci di essere martiri e confessori della fede quando la Chiesa è perseguitata; testimoni della verità e annunciatori del Regno di Dio quando la Chiesa è riconosciuta. A nessun’altra religione o ideologia è proprio tale trepidante atteggiamento verso la libertà. Al grande filosofo russo Nikolaj Berdjaev appartengono queste parole: «La libertà, prima di tutto la libertà: ecco l’anima della filosofia cristiana ed ecco che cosa non è dato a nessun’altra filosofia astratta e razionalistica» .

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Accettare Il sito utilizza i cookie per aiutarvi a visualizzare le informazioni più aggiornate. Continuando ad utilizzare il sito, l " utente acconsente all " uso dei metadati e dei cookie. Gestione dei cookie Festa di s. Gregorio Palamas Il 31 marzo 2013, seconda domenica di Quaresima e festa di san Gregorio Palamas, arcivescovo di Tessalonica, il presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, metropolita Hilarion di Volokolamsk, ha celebrato la Divina Liturgia di san Basilio Magno nella chiesa dell " icona della Madre di Dio «Gioia di tutti i sofferenti». Hanno concelebrato col metropolita l’arciprete Mikhail Dronov, chierico della diocesi di Berlino della Chiesa Ortodossa Russa e rettore della comunità di San Nicola nella città tedesca di Friburgo in Brisgovia, l’arciprete Dmitry Sizonenko, segretario per le relazioni intercristiane del Dipartimento, l’arciprete Georgij Zavershinsky, decano delle parrocchie in Scozia e Irlanda del Nord della diocesi di Surozh del Patriarcato di Mosca, e i chierici della parrocchia. Al termine del servizio, il metropolita Hilarion ha rivolto ai fedeli l’omelia:   «Nella seconda domenica di Quaresima la Chiesa commemora san Gregorio Palamas, arcivescovo di Tessalonica. Questa celebrazione è collegata agli eventi del XIV secolo, quando il tema della possibilità per l’uomo di unirsi a Dio suscitava numerose polemiche. Alcuni teologi sostenevano che tra Dio e l " uomo c’era un abisso incolmabile, che non poteva essere superato da nessuna forza. Ma vi erano dei teologi che invece sostenevano che l’uomo può vedere Dio, può conoscere Dio e la Sua natura. San Gregorio Palamas, che per molti anni è stato monaco del Monte Athos e poi è divenuto arcivescovo di Tessalonica, basandosi sugli insegnamenti dei Santi Padri sosteneva la dottrina che Dio è invisibile e inconoscibile nella sua essenza, ma può essere visto e conosciuto attraverso le Sue azioni o energie. Quando questa dottrina prevalse al Concilio di Costantinopoli, la Chiesa decise di celebrare la memoria di san Gregorio Palamas e ricordare questi principi nella seconda domenica dopo quella del trionfo dell " Ortodossia.

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All’inizio della mia relazione ho rilevato che l’antropologia cristiana tradizionale si rivela in gran parte attraverso l’ascetica. Solo attraverso una tensione continua l’uomo scopre il suo vero «io». Questo può essere detto anche del matrimonio tra due cristiani – ciò avviene nella sua interezza quando i coniugi, con l’aiuto di Dio, superano i limiti della propria natura, sforzandosi di realizzare l’ideale del Nuovo Testamento. Di conseguenza, è necessario che la relazione della famiglia rispecchi quella di Cristo con la Chiesa. L’apostolo Paolo dice ripetutamente che il marito deve amare la moglie, e che quest’ultima deve obbedire al marito. ( 1Cor. 11:3–10 ; Ef. 5:22–33; Col. 3:18–19; 1Tim. 2:11–15 ). Di questo parla anche la seconda preghiera di celebrazione del matrimonio: О Dio Signore nostro, effondi la tua divina grazia su questi tuoi servi – seguono i due nomi – e concedi a questa ragazza (il dono] di obbedire in tutto al marito, e a questo tuo servo di diventare capo della moglie, affinché essi vivano in accordo con la tua volontà [...]. È impossibile trascurare il fatto che tale assetto familiare è descritto nella preghiera con le categorie del dono di grazia di Dio, che è necessario chiedergli. Di seguito, i coniugi sono chiamati a raggiungere la pace e la concordia perfetta. Quarta preghiera di matrimonio: «Entrambi i Tuoi servi (seguono i nomi), ai quali hai dato la grazia di essere congiunti l’uno con l’altro, siano da te custoditi nella pace e nella concordia [...]». Terza preghiera di matrimonio: «Uniscili in una sola mente, congiungili in una sola carne [...]». Prima preghiera di matrimonio: «Concedi a questi tuoi servi (seguono i nomi) una vita di pace, una vita lunga, casta, amore vicendevole in un vincolo di pace [...]». E così, i coniugi devono domandare a Dio non soltanto μοφροσνη  – «concordanza di intendimenti», «unità di pensieri e di sentimenti» – ma anche σωφροσνη  – «sapienza», «temperanza». L’invocazione della castità nel contesto matrimoniale sembra paradossale, e la preghiera illustra chiaramente la tesi per cui il matrimonio, come altri aspetti della vita cristiana, deve essere edificato attraverso la pratica ascetica.

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Il confronto col modello trinitario è ancor meno convincente quando si passa dal livello diocesano a quello che la dichiarazione di Ravenna chiama livello " regionale " (cioè di un gruppo di diocesi sotto la direzione di uno stesso metropolita o patriarca). La collaborazione tra il metropolita (o Patriarca) e gli altri vescovi è descritta nel canone Apostolico 34: “I vescovi di ciascuna  nazione   ( ethnos )   devono conoscere [chi è] il primo ( protos ) tra di loro e prenderlo come il capo (kephale), e non fare alcunché di importante senza il suo parere ( gnome ),   e ciascuno operi solo in merito a cose riguardanti la propria circoscrizione (parikia) e i territori   che ne dipendono; ma neppure quello [ il primo  o  capo ] faccia qualcosa, senza il parere di tutti: così ci sarà concordia (homonoia) e sarà glorificato Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo”. Alcuni hanno sostenuto, sulla base di questa glorificazione della Trinità, che la struttura amministrativa della Chiesa a livello regionale riflette anch’essa (o dovrebbe riflettere) la comunione tra le Persone divine della Trinità. Il testo del canone, tuttavia, non consente affatto un tale confronto: si tratta piuttosto del consenso, o dell " armonia, che regna fra le tre ipostasi della Trinità, che è portata qui come un esempio che i vescovi dovrebbe seguire al livello regionale. Per quanto riguarda la glorificazione trinitaria in sé, essa è simile a molti altri inni di lode che concludono testi canonici, dogmatici e liturgici, e non ha certo lo scopo di stabilire alcun confronto diretto tra le ipostasi della Santissima Trinità e i diversi livelli della gerarchia ecclesiastica. Nel XV secolo il grande riformatore della vita monastica in Russia, San Sergio di Radonezh, ha dedicato il suo monastero alla Santissima Trinità, usando l’immagine della comunione delle tre divine Ipostasi come modello di unità e concordia per la sua fraternità monastica. Uno dei discepoli di San Sergio, Sant " Andrea Rublev, dipinse una famosa icona che è diventata un esempio classico di incarnazione iconografica di un importante concetto morale e teologico. A differenza di molte altre icone, quest’immagine non fa riferimento all’innografia liturgica. La rappresentazione segue il modello tradizionale conosciuto fin da tempi remoti (in particolare, dalla realizzazione dei mosaici di Ravenna, nel V secolo), secondo il quale i tre viandanti che sono apparsi ad Abramo simboleggiano la Santissima Trinità. Questi viandanti sono rappresentati sotto forma di angeli, di cui uno è sempre nel mezzo.

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Una valutazione dello stato attuale del dialogo cattolico-ortodosso, tuttavia, indica chiaramente che la maggior parte dei rappresentanti ortodossi concordano con le polemiche contro papato, durate un intero millennio, piuttosto che con l " opinione espressa da padre Alexander Schmemann. L " idea che la Chiesa universale necessiti di un gerarca supremo è stata affrontata da diversi punti di vista nel corso degli ultimi cinquant " anni; ma invariabilmente gli ortodossi sono concordi nel pensare che il primato, così come è espresso nella tradizione occidentale, era e rimane estraneo al cristianesimo orientale. In altre parole, gli ortodossi non sono disposti ad accettare il papismo, in qualsivoglia forma, anche se diverse voci richiedono l " adozione di una struttura più centralizzata a livello universale. Che tipo di primato universale è, quindi, accettabile per gli ortodossi e come, in assenza del Vescovo di Roma, questo primato è esercitato nella Chiesa ortodossa? La posizione ufficiale del Patriarcato di Mosca è piuttosto concisa su questo punto: “Il primato nella Chiesa ortodossa universale, che è per sua stessa natura un primato d " onore, e non di potere, è molto importante per la testimonianza ortodossa nel mondo moderno. La sede patriarcale di Costantinopoli gode di un primato d " onore, sulla base dei sacri dittici riconosciuti da tutte le Chiese ortodosse locali. Il contenuto di questo primato è definito dal consenso delle Chiese ortodosse locali, che si esprime in particolare in occasione delle conferenze pan-ortodosse per la preparazione del Grande e Santo Concilio della Chiesa ortodossa. Nell " esercizio del suo primato, il Primate della Chiesa di Costantinopoli può proporre iniziative a livello pan-ortodosso e rivolgersi al mondo esterno a nome della pienezza dell’Ortodossia, a condizione che egli sia autorizzato a farlo da tutte le Chiese ortodosse locali” Dopo la sua pubblicazione, il documento di Mosca ha provocato la reazione emotiva di alcuni gerarchi ortodossi. In particolare, il metropolita Elpidophoros di Bursa ha scritto un articolo intitolato “Primus sine paribus”. In esso egli critica il documento di Mosca che, a suo avviso, trasformerebbe il primato “in qualcosa di esterno e quindi estraneo alla persona del primo gerarca”. Per evitare ciò, egli propone che si consideri qualsiasi istituzione ecclesiastica come “sempre ipostatizzata in una persona” e che la fonte del primato a tutti e tre i livelli di organizzazione della chiesa è il primo gerarca in se stesso Per la prima volta un gerarca ortodosso ha affermato senza mezzi termini che il Patriarca ecumenico non è primus inter pares , ma primus sine paribus . Vale a dire, come il papa in Occidente, egli è al di sopra di tutti gli altri primati delle Chiese ortodosse locali. Tale posizione sicuramente suona come un tentativo di impiantare l’ecclesiologia cattolica romana in suolo ortodosso.

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Accettare Il sito utilizza i cookie per aiutarvi a visualizzare le informazioni più aggiornate. Continuando ad utilizzare il sito, l " utente acconsente all " uso dei metadati e dei cookie. Gestione dei cookie Relazione del metropolita Hilarion di Volokolamsk alla conferenza " La Chiesa e la pandemia " Eminenza Reverendissima, Ecccellenze Reverendissime, Egregi Signori, cari padri, fratelli e sorelle!    La pandemia di coronavirus è stata una prova enorme e in gran parte inaspettata per il mondo intero. Questa emergenza globale ha messo in luce una serie di squilibri internazionali e sociali, per il superamento dei quali è più che mai necessaria la testimonianza e l " azione congiunta dei cristiani. Oggi siamo chiamati a riflettere sulle sfide che affrontiamo, in modo che nei prossimi mesi difficili, unendo le nostre forze, possiamo fare un contributo all’elaborazione di soluzioni adeguate dei problemi attualoi che diventano sempre più gravi e siamo in grado di presentare una visione di eventuali modi del loro superamento, condivisa dalle più grandi Chiese cristiane.    A questo proposito, è importante sottolineare che anche nelle nuove condizioni i principi generali, l " adesione ai quali i Primati delle nostre Chiese hanno dichiarato cinque anni fa, preservano il loro significato. Nel paragrafo 17 della Dichiarazione comune, il Papa e il Patriarca dichiarano: “Il nostro sguardo si rivolge alle persone che si trovano in situazioni di grande difficoltà, che vivono in condizioni di estremo bisogno e di povertà mentre crescono le ricchezze materiali dell’umanità.... La crescente disuguaglianza nella distribuzione dei beni terreni aumenta il sentimento d’ingiustizia nei confronti del sistema di relazioni internazionali che si è stabilito”. La validità di queste parole è diventata ancora più evidente di fronte all’emergenza globale, che ha mostrato ancora più chiaramente la necessità di una solidarietà globale di fronte a una minaccia universale.   A livello statale, la disuguaglianza tra paesi poveri e quelli ricchi si è manifestata principalmente nel grado di severità delle misure di quarantena introdotte: mentre paesi con significative risorse finanziarie potevano permettersi di imporre restrizioni severi, nonostante i danni collaterali all " economia, paesi poveri e in via di sviluppo a volte erano privati di tale possibilità, anche quando ce n’era bisogno dal punto di vista sanitario. Allo stesso tempo, si è aggravato notevolmente il problema della povertà e della stratificazione sociale: a causa dell " accelerato trasferimento dell " attività imprenditoriale ed educativa in rete, le fasce più povere della popolazione, che spesso non hanno pieno accesso alle tecnologie moderne, si sono trovate in una posizione dicriminata, mentre la disoccupazione massiccia ha colpito molti milioni di persone in tutto il mondo.

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L’utilizzo stesso da parte del Signore Gesù Cristo dell’incipit del libro della Genesi come una fonte, espressione di un’autorità al più alto grado, mostra che il Signore Gesù accetta il matrimonio anticotestamentario in quanto rispondente a tutti i requisiti e come già operante senza alcun tipo di riserva. Ed egli realmente è presente alle nozze di Cana (cfr. Gv. 2:1–12), Egli menziona il matrimonio e ammonisce circa la necessità di permanere in esso nelle sue parabole e nei suoi insegnamenti (cfr. Mt. 9:15; 24–38; 25:1–12 ; Mc. 2:19–20; Lc. 5:34–35; 12:36; 14:8, 20; 17:27 eccetera). Il Vangelo narra in modo molto dettagliato del matrimonio tra i genitori di Giovanni Battista (cfr. Lc. 1:5–25:57–58), indica ciò che nel matrimonio stabilì l’apostolo Pietro (cfr. Mt. 8:14 e Mc. 1:30) eccetera. Così, il Signore Gesù Cristo ribadisce la dottrina anticotestamentaria del matrimonio come unità di marito e moglie, aggiungendo soltanto l’ammonimento di custodire questa unità fino alla fine, senza cedere all’influsso della falsa moralità del tempo che si rapportava in modo alquanto tollerante ai divorzi. Ma la dottrina del Signore non è affatto limitata al riconoscimento senza riserve del matrimonio come istituzione, connaturato alla natura umana in maniera incontrovertibile per volere di Dio creatore. Il Signore Gesù chiama coloro che lo seguono ad una condizione più alta di quella matrimoniale: «Infatti vi sono eunuchi che sono nati così dal grembo della madre, e ve ne sono altri che sono stati resi tali dagli uomini, e ve ne sono altri ancora che si sono resi tali per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca» ( Mt. 19:12 ). In questo modo, e queste parole e l’intera tradizione ecclesiastica a venire innalzano al rango di ideale la condizione di castità volontaria. Sotto questo aspetto è ravvisabile un brusco contrasto rispetto all’antropologia anticotestamentaria, secondo la quale il celibato di un uomo adulto era considerato come incompiutezza, come indizio d’inferiorità di quell’uomo, che si trovava per qualche motivo ad essere incapace di realizzare la propria natura umana nella sua perfezione di vincolo tra marito e moglie. Inoltre, in prospettiva escatologica il matrimonio come unione del principio maschile e femminile della medesima natura umana non cessa di essere attuale non solo per «chi può capire», ma anche per coloro di cui è detto che – almeno secondo le parole di Cristo, – soltanto «i figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono ne moglie né marito» (cfr. Lc. 20:34b–35; Mt. 22:30 ; Mc. 12:25).

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Poi è stata la volta del presidente dell’Unione Russa dei cristiani evangelici, S. Ryahovsky, che ha rivolto il suo saluto ai partecipanti al forum. Il capo del dipartimento della Federazione delle Comunità ebraiche della Russia per la cooperazione con le Forze Armate, le Forze dell " Ordine e il Ministero delle Emergenze, rabbino Aaron Gurevich, ha rivolto i saluti a nome del rabbino capo di Russia Berel Lazar. Il rappresentante permanente e capo del Sangha tradizionale buddista di Russia (BTSR), sandjay lama Andrej Balzhirov ha trasmesso gli auguri del capo dei BTSR, Khambo Lama Damba Ayusheev. Poi è iniziata la sessione plenaria dedicata al tema «Le radici del sistema dei valori. Religione, etnia, nazionalità, identità dell " uomo moderno». Il metropolita Hilarion ha tenuto una relazione sul tema «Il Cristianesimo nell’Europa contemporanea: una nuova realtà». Alla sessione plenaria sono intervenuti anche il professore di diritto presso l " Università di Milano e membro dell " Istituto Europeo di Scienze Religiose e del Consiglio degli esperti dell " Associazione internazionale per la libertà religiosa Silvio Ferrari, il presidente del Dipartimento sinodale per l’informazione del Patriarcato di Mosca V.R. Legojda, il vicepresidente del Consiglio dei Mufti della Russia Rushan Hazrat Abbyasov, il presidente del Dipartimento sinodale per i rapporti tra Chiesa e società del Patriarcato di Mosca, arciprete Vsevolod Chaplin, e il coordinatore del servizio indipendente di ricerca «Sreda» A.Y. Bagrina. Il forum ha continuato il suo lavoro con sessioni di esperti sul tema «Stato e religione. Forme di convivenza sociali, politiche, giuridiche», «Il partenariato sociale tra Stato e religione. Aspetti della cooperazione, forme di sostegno finanziario, estensione di programmi comuni» e «Le sfide della modernità: la crisi della tolleranza e l’estremismo sotto slogan religiosi». Successivamente, in un " intervista con i giornalisti, il metropolita Hilarion ha espresso la sua opinione sull " evento, affermando: «Negli ultimi vent’anni ci sono stati molti di questi forum in varie città della Russia, ma a Mosca è il primo di questi forum, che è organizzato dal governo della capitale. Mosca è una città che conta milioni di abitanti, vivono in essa i rappresentanti di diverse tradizioni religiose e parlare del sistema di valori su cui edificare la nostra vita è un’iniziativa di grande attualità e molto giusta. Qualsiasi incontro contribuisce al consolidamento del nostro popolo, ci rende consapevoli del fatto che noi non viviamo solo in una casa comune, ma siamo direttamente responsabili della sua integrità e della sua sicurezza. In questo senso, questo tipo di forum è molto utile e necessario perché ci aiuta a proteggere la nostra casa e a capire che la società deve preservare la pace e l " armonia».

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